Il kama, la piccola e letale falce delle arti marziali giapponesi

Il kama nasce, come molte altre armi utilizzate nelle arti marziali giapponesi (ma lo stesso si può dire per le arti marziali cinesi), nasce come semplice attrezzo agricolo. Una piccola falce per mietere il raccolto, utilizzata soprattutto nei campi di riso. Difatti, prima di divenire una letale arma delle arti marziali giapponesi, il kama era diffusissimo in larghe zone dell’asia, tanto che modelli non dissimili sono utilizzati nelle arti marziali malesi, filippine e indonesiane, e l’utilizzo del kama, seppur poco frequente, non è del tutto estraneo nemmeno alle arti marziali cinesi.

La classe Matsu, il naviglio tuttofare

Si poteva definire il cacciatorpediniere tuttofare della marina imperiale giapponese, ecco che cosa contraddistingueva il naviglio inquadrato nella classe Matsu rispetto alle altre unità da guerra giapponesi.

In effetti, a causa degli esiti militari le navi da battaglia non venivano più prontamente rimpiazzate e per tentare di arginare le perdite lo stato maggiore giapponese mise a punto una serie di navi meno impegnative da un punto di vista bellico per utilizzarli nella scorta ai navigli commerciali.

Queste unità navali furono realizzate con minori tempi di produzione per via delle esigenze belliche e, malgrado una potenza motrice di un terzo inferiore ai cacciatorpediniere di squadra, erano in grado di raggiungere una velocità di quasi 28 nodi.

Le unità della classe Matsu potevano assicurare un dislocamento di 1260 tonnellate con la capacità di raggiungere i 1530 a pieno carico. La velocità era garantita da un sistema di propulsione basato su due gruppi di turbine  a vapore a ingranaggi sue due assi in grado di esprimere una potenza di 19000 hp.

Ootori, da gregario a capoclasse

La classe Ootori, o anche denominata Ōtori, nasceva nel 1934 per un incidente marittimo che coinvolse l’allora capoclasse Tomodzura; in effetti, la Tomodzura si capovolse durante alcune prove in mare per il peso eccessivo degli armamenti dell’unità navale.

In base ai trattati internazionali che dovette stipulare il Giappone, in primis il trattato navale di Londra, alla marina militare giapponese non venne più concesso di costruire unità navali di grande tonnellaggio e, per questa ragione, il Giappone, così come alle altre potenza militari, fece ogni sforzo per approntare unità navali con la maggior concentrazione di armi e apparecchiature su scafi di dimensioni e tonnellaggio ridotti allo scopo di cercare, in un certo senso, di eludere il trattato.

Le caratteristiche della classe Minekaze

Le navi della classe Minekaze, insieme alla Momi, potevano disporre di almeno 34 cacciatorpediniere da utilizzare nell’oceano Pacifico contro le navi della coalizione alleata presente in questo particolare teatro bellico. In effetti, sebbene i 21 esemplari della classe Momi fossero tutte di seconda categoria e quelle della Minekaze di prima categoria, queste unità da combattimento non furono utilizzate con successo nel corso degli eventi bellici della seconda guerra mondiale poiché non rispondevano pienamente ai nuovi requisiti.

Le navi cacciatorpediniere della classe Minekaze potevano disporre di un dislocamento di 1215 tonnellate con la possibilità di raggiungere un tonnellaggio a pieno carico di 1650 per una dimensione di 102,5 metri in lunghezza per una larghezza di 9 metri con un pescaggio di 2,89 metri.

Il vanto del cacciatorpediniere giapponese, la classe Fubuki

Il fiore all’occhiello della marina imperiale giapponese; in effetti, le navi da combattimento della classe Fubuki, divise in tre serie tra il 1928 e il 1932, sono state le navi cacciatorpediniere più potente di allora e rappresentarono un nuovo modo di concepire unità navali di questo tipo.  Secondo alcuni esperti, queste particolari navi rappresentano l’evoluzione tecnologica delle navi della classe Mutsuki che, a loro volta, identificano un affinamento delle unità navali della classe Kamikare.

Rispetto ai modelli precedenti le navi cacciatorpediniere della Fubuki potevano vantare un incremento del tonnellaggio con il conseguente aumento della resistenza degli scafi e un apporto, non di poco conto, sulla qualità in fatto di armamento di bordo.

L’evoluzione del cacciatorpediniere giapponese, la classe Fubuki

La classe Fubuki rappresentava l’evoluzione tecnica del cacciatorpediniere giapponese poiché riuscì meglio a interpretare le mutate esigenze belliche con diversi programmi di potenziamento inclusi le modifiche sostanziali al suo armamento di bordo, inclusa la possibilità di elevare a 70° i suoi cannoni di bordo da 127 mm.

Delle diverse unità navali solo la Ushio riuscì a sopravvivere al conflitto mondiale.

Le navi da battaglia della classe Fubuki disponevano una velocità di 37 nodi grazie alla presenza di un apparato propulsivo in grado di esprimere una potenza di 50,000 hp per via delle sue due turbine a vapore a ingranagi.

La classe Minekaze della marina giapponese

Le navi cacciatorpediniere della marina giapponese venivano classificati in  prima o in seconda categoria in relazioni al loro dislocamento. Prima del varo dei nuovi modelli Minekaze le navi da guerra giapponesi venivano o acquistate direttamente dalla Gran Bretagna o costruite in cantieri navali nazionali e solo, dalla classe Minekaze, si incominciò a prendere in seria considerazione anche l’apporto di altre tecnologie militari navali come quelle tedesche.

I tredici cacciatorpediniere della classe Minikaze appartenevano alla prima categoria ed erano state realizzate tenendo conto del sistema costruttivo tedesco di allora che, per l’appunto, prevedeva, tra il ponte di castello prodiero e la struttura della plancia di comando, l’inserimento di una specie di pozzo.

Dal Giappone la classe Fuso

Le due navi da battaglia della classe Fuso furono varate durante la prima guerra mondiale, per la precisione tra il 1914 e il 1915, e potevano vantare, alla costruzione, di un dislocamento pari a 30600 tonnellate che potevano però raggiungere i 31000 a pieno carico.

Le navi della classe Fuso appartenevano alla flotta giapponese che, insieme alla Yamashiro, erano state messe in contrapposizione alle navi della classe Nevada o alla Queen Elisabeth della marina britannica.

In effetti, l’idea della marina giapponese era quello di offrire una risposta militare agli USA contrapponendo la nave da battaglia giapponese alle realizzazioni americane e britanniche nel teatro militare del Pacifico.

Yokosuka MXY7 Okha, la guerra suicida

Il fiore di ciliegio, Yokosuka MXY7 Okha , era una bomba volante pilotata che veniva trasportata, nel raggio di 37 km dal bersaglio, da un bombardiere bimotore Mitsubishi G4M2e: la Okha veniva sganciata e, mediante una velocità picchiata, si dirigeva verso il bersaglio con tre razzi ausiliari per potenziarne la spinta.

La Yokosuka MXY7 Okha rientrava tra le armi utilizzate dagli attacchi suicida giapponesi attuati sul finire della seconda guerra mondiale, 1944.

La decisione di ricorre alla Yokosuka MXY7 Okha in modalità kamikaze era nata da esigenze di ordine pratico; in effetti, la decisione maturò verso l’agosto del ’44 visti gli esiti non ritenuti soddisfacenti dei tecnici giapponesi di mettere a punto un’arma teleguidata.