Della guerra, di quelle passate, molto spesso si approfondiscono gli aspetti inerenti gli scenari di battaglia, gli armamenti, l’artiglieria, gli eserciti, le perdite sul campo, ma quasi sempre è omesso un aspetto fondamentale della vita al fronte: l‘alimentazione. Ad esempio: cosa ne sappiamo di come e cosa mangiavano i soldati italiani durate la I guerra mondiale? Nell’ambito delle commemorazioni organizzate nel centenario della Grande Guerra si può visitare la mostra allestita presso il museo della Fanteria di Roma, ‘Il rancio del soldato‘
La mostra Il rancio del soldato è stata inaugurata in primavera presso il museo della Fanteria di Roma dal comandante logistico dell’Esercito, generale di Corpo d’Armata Adriano Vieceli.
In esposizione, cimeli e fotografie, cartoline e menù, tutti relativi al rancio consumato dai soldati durante la Grande Guerra. Sono raffigurate scenografie tipiche e pannelli didattici raccontano il servizio di vettovagliamento dell’epoca.
L’iniziativa si inserisce nell’ambito delle commemorazioni organizzate per il Centenario della Prima Guerra Mondiale.
La mostra vuole rappresentare l’organizzazione logistica del Regio Esercito Italiano con particolare riferimento al vettovagliamento e all’influenza che l’alimentazione militare di quel periodo aveva sulla popolazione civile e sulle produzioni alimentari dell’industria italiana. Per i soldati già provati da una guerra durissima, mangiare era sopravvivere.
Pasta e riso scotti, gallette, pane duro, bistecche poco più che commestibili: l’alimentazione durante la Grande Guerra fu un grave problema per la popolazione civile, figurarsi per i militari.Il rancio era poco e scadente per le razzie che provocarono penuria nei raccolti e svuotamento di provviste nei magazzzini, ma anche a causa di carestie nelle campagne.
Il fatto che i pasti venissero cucinati nelle retrovie e trasportati durante la notte sui fronti di guerra li rendeva immangiabili. Pasta e riso trasportati in grandi contenitori diventavano ammassi collossi; il brodo gelatina; carne e pane diventano pietre. In una situazione di necessità, mangiare era sopravvivere.
Le razioni però erano quantitativamente superiori a quelle date dall’esercito austro-ungarico. L’esercito italiano dava ogni giorno ai suoi soldati 600 grammi di pane, 100 grammi di carne e pasta (o riso), frutta e verdura (a volte), un quarto di vino e del caffè. L’acqua potabile invece scarseggiava e non superava il mezzo litro al giorno. Prima dei combattimenti venivano distribuite adosi maggiori di cibo con l’integrazione di gallette, scatole di carne, cioccolato e liquori.
La raccolta di cimeli sul rancio del soldato, integra la mostra già presente nello stesso museo sempre sulla Grande Guerra ‘Bollettino 1268.Il confine di carta’ in Piazza S. Croce in Gerusalemme, 9. La mostra rimarrà aperta fino al 4 novembre 2018. L’ingresso è gratuito. Visite guidate possono essere effettuate previo accordo con la direzione del Museo telefonando al numero 06 7027971.
Fonte e foto esercito.difesa.it