Alzi la mano chi non ha giocato con la cerbottana almeno una volta nella vita. La cerbottana si può quindi considerare un semplice gioco? Sì, a giudicare dal numero di ragazzini che ancora si divertono a svuotare le penne ed a utilizzare il “tubo” come lancia-palline di carta o di plastica. Ma la cerbottana in tempi remoti è stata anche un’arma vera e propria e continua ancora ad esserlo presso quelle popolazioni che non hanno altri mezzi per cacciare e procurarsi il cibo.
Il funzionamento della cerbottana è abbastanza semplice ed il suo utilizzo non richiede doti balistiche eccezionali. Si tratta di un tubo di legno (metallo o plastica alle nostre latitudini) di dimensioni variabili (alcune popolazioni tropicali costruiscono cerbottane lunghe anche 4 metri). Tale tubo si utilizza per tirare dardi o proiettili di vario tipo, soffiando da una delle estremità.
Ovviamente la cerbottana è una delle armi con potere offensivo più basso, proprio perché per azionarla si può far ricorso solo al fiato, ma a seconda del proiettile utilizzato può diventare anche un’arma letale, specie se usata nella caccia di piccoli animali.
Nell’attività venatoria, infatti, i dardi sono costruiti per lo più in materiale metallico, proprio per garantire una maggiore penetrazione al momento dell’impatto. Anche il legno può risultare utile in questo senso, purché sulla coda del dardo vengano applicate delle code in carta, che rendano più aerodinamico il tiro e più lunga la gittata.
Non dimentichiamo poi che in età antica la cerbottana veniva utilizzata anche nei combattimenti a distanza ravvicinata per ferire il nemico o addirittura per abbatterlo, immergendo la punta del dardo nel veleno, in modo che l’effetto del tiro fosse letale. Durante la Guerra Santa, infine, la cerbottana veniva utilizzata dai saraceni con dei proiettili incendiari, che creavano non pochi problemi al nemico, impedendogli di avvicinarsi.