Cosa succede con la legge sulle armi di febbraio 2025

Importante capire cosa succede con la legge sulle armi di febbraio 2025. È iniziato alla Camera dei Deputati il secondo round della riforma della legge 185/90, la norma che da 35 anni regola le esportazioni di armi italiane. La maggioranza ha impresso un’accelerazione al disegno di legge che mira a smantellare alcuni dei meccanismi di controllo sulle procedure di esportazione, aprendo alla cancellazione dell’obbligo di trasparenza sulle operazioni finanziarie legate all’export di armi. Questa decisione ha suscitato vive proteste da parte della società civile, delle organizzazioni per la pace e dei partiti di opposizione.

legge sulle armi
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Tutte le informazioni a proposito della legge sulle armi di febbraio 2025

Il provvedimento, già approvato al Senato all’inizio del 2024, è ora all’esame delle commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera, con il rischio concreto di svuotare una legge che ha avuto il merito di introdurre criteri rigorosi per impedire che l’export bellico italiano alimentasse conflitti e violazioni dei diritti umani. La legge 185/90, nata nel 1990 grazie all’impegno di missionari e associazioni pacifiste, ha ispirato nel corso degli anni sia la Posizione Comune UE sull’export di armi sia il Trattato ATT (Arms Trade Treaty) delle Nazioni Unite. Tuttavia, secondo diverse ONG, l’industria bellica avrebbe esercitato pressioni sul governo italiano per modificare la legge e renderla più permissiva.

I movimenti per la pace evidenziano come il nuovo testo rischi di eliminare alcuni presidi fondamentali, come la trasparenza sui flussi finanziari legati all’export di armi e la possibilità per le ONG di segnalare al Comitato interministeriale i Paesi che violano i diritti umani e a cui, di conseguenza, non si dovrebbero vendere armamenti. Il Comitato, inoltre, potrà decidere di revocare eventuali divieti di export di armi imposti dal Ministero degli Esteri senza dover informare il Parlamento.

Un’ulteriore modifica riguarda la tipologia di dati contenuti nella relazione che la Presidenza del Consiglio è tenuta a inviare annualmente alle Camere entro la fine di marzo. Tale relazione non conterrà più le informazioni necessarie agli analisti indipendenti per monitorare le attività delle industrie di armi e denunciare eventuali violazioni. Saranno inoltre eliminate le informazioni sulle attività delle banche coinvolte nel finanziamento del commercio di armi, un aspetto particolarmente preoccupante per le organizzazioni della società civile che da anni monitorano il ruolo degli istituti di credito nel settore bellico.

Di fronte a questo “attacco alla trasparenza“, le associazioni e i movimenti aderenti alla campagna “Basta favori ai mercanti di armi” hanno rilanciato la loro petizione contro lo svuotamento della legge 185/1990, chiedendo ai parlamentari di approvare emendamenti al DDL governativo per disinnescarne gli effetti più deleteri.

«Con questo assurdo allargamento delle maglie nel meccanismo di controlli per la vendita, esportazione e transito delle armi, il governo Meloni tradisce e rinnega il ruolo guida che il nostro Paese, con la legge 185 del 1990, si era conquistato nel mondo, quando si era posto all’avanguardia nella regolamentazione del commercio di armi, interpretando, correttamente lo spirito dell’articolo 11 della nostra Costituzione – ha dichiarato a L’Indipendente il deputato del M5S Marco Pellegrini, membro della Commissione Difesa –. In questo settore così delicato, occorrono pesi e contrappesi, specie in questo momento di impazzimento bellicistico collettivo, altrimenti si scivolerebbe verso una discrezionalità politica, cioè un pericoloso arbitrio, nella decisione di vendere armi a questo o quello».

Pellegrini ha poi aggiunto: «Nel corso dell’esame in Senato il governo ha avuto il coraggio di aggiungere nella riforma l’introduzione del segreto bancario sulle transazioni legate al commercio d’armi, rubando ai cittadini il diritto di scegliere eticamente a chi affidare i propri risparmi. Non abbiamo nessuna intenzione di arrenderci, anche perché sono dalla nostra parte le associazioni e una parte importante dell’opinione pubblica».

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